Sono sempre stata curiosa, desiderosa di conoscere cose nuove. Ho amato luoghi e persone che mi hanno mostrato le diverse bellezze del mondo, da quello più vicino a quello più lontano.
Penso che meravigliarsi sia necessario per esistere, abbandonarsi al piacere della scoperta è fruttuoso e incontrare la bellezza in ogni situazione regala ogni giorno un motivo per amare la vita.
L’arte è per me fondamentale, in ogni sua forma e in ogni suo aspetto anche se per quanto mi riguarda si attua soprattutto attraverso l’immagine (la pittura) e la parola (la scrittura), i due canali espressivi che si alternano nel mio lavoro di artista.
Ho iniziato a disegnare quando ero ragazza trovando nell’immagine la possibilità di esternare sensazioni che spesso non coincidevano con la vita reale, ma che ne facevano parte attraverso il sogno, la fantasia, le visioni e i desideri…
I quadri ci trasmettono una malinconia e una riflessione interiore accentuata dalla scelta della monocromia.
Le due figure emanano una bellezza intensa che ci emoziona e ci raccontano una storia sempre diversa.
Bellissimo vaso che ci ha catturato sia per la consistenza materica sia per la forma data dall’artista.
Una sensazione che ci riporta alla relazione con la terra e che , nello stesso tempo, si sposa perfettamente con il nostro arredamento moderno.
E’ un dipinto molto evocativo per me, dalla prima volta che l’ho visto e anche ora mi identifico con questa figura femminile, così evanescente e così stropicciata.
Un ricordo emozionale, un’immagine che arriva da un lontano passato.
La tecnica utilizzata da Antonella mi ha sempre attratto moltissimo e in particolare in questo dipinto: il bianco su bianco che adoro e i particolari creati con pagine di libro strappate.
Alla partenza di Antonella da Bergamo ho desiderato tenerlo per sempre qui con me.
La lettura ha lasciato dietro di sé momenti di riflessione. Credo che sia lo scopo di ogni libro.
Questo vive delle alternanze fra le pagine che raccontano della vita di Bianca e quelle che narrano di luoghi abbandonati, che sono oggetto della sua ricerca.
Fotografati, raccontati: sono la vera introspezione a cui si abbandona il personaggio, che governa fin tanto che la deriva non prenda il sopravvento.
Bianca si ciba di luoghi desolati, che descrive con la lucidità propria di chi è stato abbandonato, e non esita ad abbandonare.
Trova in essi il fluire della vita che scorre, si trasforma per poi finire, lasciata alla sua decomposizione, intesa come destrutturazione e mai disfacimento.
Tutto si modifica al mutare del tempo: è l’impermanenza.
Bianca è una donna che si mette in discussione, senza colpevolizzarsi, non cede alla tentazione di commiserarsi ma sperimenta, prova nuove strade, soluzioni. Nonostante le difficoltà tiene la barra dritta e naviga, cimentandosi fra i flutti della vita.
Son belli anche i personaggi, che come satelliti le girano intorno, tutti impegnati a cercare il modo di superare i problemi d’incomunicabilità, a sfondare la cortina dell’abbandono, ultimo luogo di confine e di dolore.
“Più forte dell’abbandono” è un libro al femminile, bello da leggere, soprattutto per gli uomini.
Sono finalista al Premio letterario internazionale Ovidio con il mio “Più forte dell’abbandono”.
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